Il carattere floreale nei vini bianchi secchi
La gamma aromatica di un vino bianco secco evoca spesso quella di un bouquet di fiori. Dagli umili fiori di campo all’aristocratico giglio, passando per la rosa e il gelsomino, dai fiori freschi ai fiori secchi: il linguaggio del degustatore. Il primo aroma floreale che si incontra nella storia di un vino è quello del fiore della vite. Discreto, delicato, si esprime con molta finezza: evoca il profumo di molti fiori selvatici, come quelli che si possono incontrare sul bordo di un fosso o ai margini di un bosco. Questo profumo, che di solito bisogna andare a ricercare piegandosi sulla pianta, può tuttavia invadere tutto il vigneto al momento della piena fioritura. Non stupisce dunque che alcuni vini bianchi possano manifestare questo sentore originario.
Dal fiore della vite alle essenze rare
Vi si aggiungeranno in seguito gli aromi provenienti dalla buccia delle uve che, a seconda dei vitigni, libereranno le loro diverse essenze aromatiche. Quelle che esprimono note floreali sono spesso prevalenti nei vini bianchi secchi. Proprio come per il carattere fruttato, si può individuare un parallelismo tra la qualità aromatica, o la ricchezza della gamma, e il progredire della maturazione. Uve verdi esprimono aromi molto vegetali, note di fogliame o di erba appena tagliata. Se queste uve saranno vinificate ne risulterà un vino caratterizzato da questa stessa connotazione aromatica “verde” che, associata all’asprezza in bocca, denuncerà un’insufficiente maturazione oppure una vendemmia precipitosa. Se le uve maturano un po’ di più, compaiono i primi segni di odori floreali. Il vino acquista una gamma aromatica più complessa e migliora la propria finezza. Aspettando ancora, la serie fruttata (frutti a polpa chiara, in questo caso) completerà il quadro. La massima complessità si ottiene quando le uve arrivano a completa maturità aromatica, stato di equilibrio talora fugace che occorre cogliere al momento giusto, poiché una maturazione troppo protratta comporterebbe il rischio di una “cottura” degli aromi e di una loro scomparsa. Questo rischio è assai frequente nelle regioni più meridionali, in cui i viticoltori tendono a vendemmiare assai presto i vitigni bianchi per preservarne gli aromi dal sole ardente. Il vitigno sauvignon illustra bene questo fenomeno. Vendemmiato prima della completa maturazione esprime solamente una gamma aromatica vegetale: bosso, foglia di cassis, sambuco, salvia. Raccolto maturo manifesta una superba complessità in cui fiori come caprifoglio e acacia si mescolano ai frutti bianchi (pesca, pera, mela matura).
La leggerezza: i fiori di campo
Modeste pratoline, delicati ranuncoli, fiori dei bordi dei fossi o delle siepi, convolvoli, crochi primaverili, effimere giunchiglie: la gamma dei fiori selvatici è quasi infinita. La si può trovare in vini molto giovani, piuttosto semplici, con un carattere di freschezza e di leggerezza, una nota “naturale” che li rende particolarmente dissetanti. Ricordiamo, tra gli altri, i vini a base di uve garganega, come il Soave, l’Arneis, il Nuragus e l’Albana, oltre ad alcuni vini tratti da uve sylvaner. Vanno anche ricordati i fiori di brughiera, come la ginestra e l’erica, con profumi più grevi e potenti, che si possono incontrare in vitigni come il trebbiano, lo chardonnay o la falanghina. Gli aromi di fiori di macchia selvatica, infine, presenti in vini bianchi mediterranei (a base di vermentino, inzolia o verdeca), sono contigui ai profumi delle piante aromatiche (finocchio e lavanda).
L’eleganza: i fiori bianchi
Sono i fiori più delicati, spesso presentano fragranze intense, che tuttavia restano sempre eleganti. Con questi fiori (acacia, caprifoglio, biancospino, garofano, fiori di pesco, melo, ciliegio), si entra nella grande gamma che caratterizza i vini bianchi fini. Questi effluvi si incontrano nei vini tratti, tra gli altri, dai vitigni chardonnay, sauvignon e riesling. Questi aromi sono perlopiù associati a intense note fruttate, come se il vino componesse una gamma completa, che va dal fiore al frutto, realizzandone una sintesi.
L’esotismo: gli agrumi
Il fiore d’arancio e la citronella non sono, in generale, aromi dominanti, salvo nel vitigno moscato, ma possono partecipare a complessi aromatici con finzione di catalizzatori, per sottolineare qualche altro profumo. Operano proprio come gli esaltatori di sapidità della cucina che rinforzano i sapori. Un tocco di citronella rinforza la vivacità di un vino bianco e dà leggerezza al suo profumo. Una nota di fiore d’arancio gli conferisce volume e lunghezza in bocca. I due aromi insieme introducono un delizioso tocco esotico in un vino di riesling o di pinot grigio.
La potenza: rosa, giglio e sambuco
Certi fiori sviluppano profumi inebrianti che dominano la gamma aromatica. L’esempio migliore è costituito dalla rosa, il cui aroma è assai frequente nei vini a base di moscato o di gewürztraminer. Certamente l’elenco delle varietà di rosa è sterminato e i loro profumi sono molteplici. Esiste tuttavia una dominante comune che consente di definire l’aroma di rosa. In un vino impone una sensazione di pienezza, o addirittura di pesantezza. Anche il giglio e il sambuco sono presenti nella gamma dei vitigni molto aromatici, in particolare nei vitigni terpenici, come il riesling, il pinot grigio, il gewürztraminer, la malvasia istriana e il moscato. E peraltro possibile, ma condannabile, profumare di moscato un vino lasciandovi in infusione dei fiori di sambuco.
Il difetto: il geranio
Fatta eccezione per i vini a base di gewürztraminer (in cui è presente naturalmente), in tutti gli altri casi l’aroma di geranio costituisce un errore dal punto di vista enologico. L’eccesso di acido sorbico, impiegato per proteggere i vini bianchi, determina deviazioni aromatiche che ricordano l’odore di geranio, risultando piuttosto sgradevoli.
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Al confine con i vini rossi: violetta, gelsomino e iris
Alcuni aromi floreali si trovano a metà strada tra i vini bianchi e quelli rossi. Non sono tanti i vini bianchi che hanno questi aromi, più frequenti nei vini francesi che in quelli italiani. L’esempio migliore è forse rappresentato dalla violetta. Il francese Mauzac di Gaillac può manifestare questo profumo, associato a quello di mela matura. Lo si ritrova anche in un raro vino della valle del Rodano, il Viognier e in certi vini bianchi della Val d’Aosta. Tuttavia anche alcuni vini rossi tratti da cabernet franc, come pure quelli a base di pinot nero, inseriscono la modesta violetta nella loro gamma aromatica. Gli aromi di gelsomino o di iris si possono ritrovare i alcuni vini siciliani o, in Francia, in alcuni cru del Beaujolais. Questi aromi di frontiera, un po’ ingannevoli, sono tuttavia aromi di estrema finezza, spesso associati a quelli di frutti rossi.
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Quando il vino invecchia: i fiori secchi
Proprio come avviene in natura, gli aromi di fiori vivono solo una stagione: il profumo floreale del vino è destinato ad appassire. Se si tratta di un vino di modesta costituzione, senza grande sostanza, con una gamma aromatica iniziale piuttosto semplice, la sua vita terminerà con la perdita dei profumi che rappresentavano il suo fascino giovanile. Se si tratta invece di un vino che possiede le caratteristiche necessarie per affrontare l’invecchiamento (potenza alcolica, acidità, concentrazione), la sua gamma floreale potrà evolvere con successo. Si passa allora alla serie dei fiori secchi, degli aromi di infuso, di tisana, la cui gamma può essere assai estesa. Compariranno note di tiglio nello Chardonnay, di rosa appassita nel Riesling, di tabacco nel Tocai friulano, di vari fiori secchi nella Vernaccia.
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